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IL PELO NELL'UOVO di Giorgio Carluccio

‘IL PELO NELL’UOVO’
PARTE DA LECCE LA NUOVA MOSTRA DI GIORGIO CARLUCCIO, L’ARTISTA DEGLI EQUILIBRI ESISTENZIALI
 
Vernissage sabato 24 marzo alle 18.30. La mostra sarà visitabile fino al 14 aprile in via del Mare 18 C a Lecce, presso la galleria d’arte GERMINAZIONI IVª.0
 
 
L’artista degli equilibri contemporanei: è così che, con estrema sintesi, potremmo definire Giorgio Carluccio, docente di discipline plastiche e scultore di origini salentine, pronto ad omaggiare le sue radici con una mostra unica nel suo genere, “Il pelo nell’uovo”, visitabile dal 24 marzo al 14 aprile 2018 presso la Galleria d’Arte GERMINAZIONI IVª.0 di Lecce
Un titolo carico di simbologie, come la stessa opera da cui trae il suo nome: quella di Carluccio è infatti una scultura articolata e complessa, nata dalla volontà di rappresentare la fragilità umana nella società odierna, fatta di equilibri tanto precari quanto apparenti. 
Chiodi, forchette, componenti di acciaio, corda o terracotta: i materiali e gli oggetti di uso comune più disparati divengono portatori dei significati più profondi che si nascondono nelle pieghe dell’animo, in un’alchimia di labili chiaroscuri esistenziali, come in un incrocio di vite appese a sottili fili di seta. “Il filo della memoria”, “Presagio”, “Chiodi rossi”, “Raccogliere le briciole”: più di 20 opere realizzate dal 2008 al 2018, che hanno fatto il giro del mondo e che sono state appositamente selezionate dalla curatrice della mostra, Mirella Coricciati, insieme al critico d’arte Vittorio Sgarbi, per un percorso a tappe che vedrà Carluccio protagonista in numerose città italiane nei prossimi mesi. “Il pelo nell’uovo” è dunque una mostra che parte dalla terra d’origine dell’artista, nello stesso modo in cui dai basamenti in terracotta prendono vita tutte le sue creature scultoree. Come precisa Sgarbi nella sua presentazione dell’artista, “Carluccio stempera il formalismo razionalista insito nella struttura prevalente di queste macchine, il traliccio di derivazione industriale, rettilineo e verticale, a giorno, con l'ossatura, cioè, che si lascia traforare nuda dall'aria, attraverso l'accostamento con elementi di convivenza della più svariata morfologia”.
 “Ci sono artisti che ricreano emozioni e difficoltà che proviamo tutti nella vita - spiega Mirella Coricciati, Presidente di GERMINAZIONI IVª.0 -. Questa è l'Arte di Giorgio Carluccio, un piccolo ma prezioso punto di riferimento, una scultura molto articolata e complessa piena di incertezze e difficili equilibri, come quelli della nostra vita. Un grande racconto dell'esistenza, intenso sul piano simbolico, che si svolge tra innocenza ed esperienza, tra i toni festosi del gioco e quelli interrogativi del rischio e della precarietà”.
Il vernissage è previsto per sabato 24 marzo alle ore 18.30 in Via del Mare 18 C.
La mostra sarà visitabile fino al 14 aprile dal martedì al sabato dalle 10.30 alle 19.
 
 
 
L’Artista – Giorgio Carluccio
 
Giorgio Carluccio nasce a Tuturano (Brindisi) il 20/10/1948. Studia presso il Liceo Artistico di Lecce negli anni ‘64 – ‘68 e consegue il diploma in scultura, presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, nel 1973.
Nei primi anni ‘70 opera nell’ambito delle avanguardie, attratto dall’espressionismo, dall’informale e dai concetti spaziali di Lucio Fontana. Negli anni ‘80, in qualità di docente, si dedica alla sperimentazione delle discipline plastiche presso gli istituti d’arte e i licei artistici.       
Riprende l’attività di scultore nel ’92; dal ’95, con le opere bifacciali in bronzo e pietra sintetica, concretizza l’idea di un modo nuovo di fare scultura. A partire dal 2001, con l’uso di più materiali nella stessa opera, prende corpo l’idea di superamento dell’unitarietà nell’oggetto artistico dei suoi elementi formali ed espressivi: rompere nell’opera scultorea lo stile, il modello formale omogeneo. La struttura compositiva, l’architettura dell’opera è ottenuta da un corpo-base e successive applicazioni aggiuntive: parti concepite come a sé stanti, tenute insieme da una interrelazione concettuale. Gli elementi del linguaggio si relazionano in uno spazio volutamente metafisico – Nell’opera una percezione visiva di discontinuità estetico - formale.
Giorgio Carluccio volutamente non è mai uscito dall’oggetto-scultura, della tipologia di istallazioni o altro genere, convinto che nuove forme di scultura possono trovarsi in linguaggi aperti a soluzioni nuove, non soggette a chiusure o vecchi formalismi, verso un liberismo costruttivo, non pregiudiziale, ispirato al superamento di provocazioni gratuite, di improvvisazioni prive di contenuti, come accaduto in questi ultimi anni.
 
 
Macchine inutili. Dovessi estrapolare, dal glossario storico della critica, una formula buona a far capire in cosa consistano le brillanti creazioni di Giorgio Carluccio, userei quella con cui Bruno Munari, maestro indiscutibile, più ancora dell'arte novecentesca, dell'intelligenza applicata all'arte, indicava i suoi lavori in tre dimensioni forse più emblematici, cominciati negli anni Trenta del secolo scorso ancora sotto l'effetto combinato di Futurismo, Costrutivismo e Dadaismo, per poi essere proseguiti nel Dopoguerra in un ambito di avanguardia cinetica che é partecipe del Nouveau réalisme, lungo la direttrice speciale che allora univa Parigi a Milano, condividendo almeno in parte i percorsi di Calder e Tinguely. l'inutilità sta naturalmente nel fatto che queste macchine non producono qualcosa di meramente pratico, come di solito fanno, ma servono a generare esperienze sensoriali e riflessive di puro carattere estetico, per le quali sono invece utilissime. Rispetto a Munari, in particolare a quello degli anni Trenta, il più vicino, Carluccio stempera il formalismo razionalista insito nella struttura prevalente di queste macchine, il traliccio di derivazione industriale, rettilineo e verticale, a giorno, con l'ossatura, cioé, che si lascia traforare nuda dall'aria, attraverso l'accostamento con elementi di convivenza della più svariata morfologia, dal ready made di rocchetti di filo, posate, corde, tondini, chiodi, certamente memori delle bizzarrie di Man ray, a oggetti in terracotta elaborati per la bisogna, basamenti vascolari con propaggini biomorfe e rotondità imparentabili con quelle delle Nanas della Saint Phalle, ma anche uova, sfere numerate come palle da biliardo, occhi su specie di nasi. E sul tutto un colore, in prevalenza sovrapposto secondo logiche per nulla prevedibili, vagamente alla Mirò, che per paradosso conferisce ordine all'insieme, piuttosto che il contrario, oltre a una vivacità che sembra derivare direttamente dal piacere surrealista per il gioco creativo. Nulla potrebbe esserci di più serio, ci dice sottotraccia Giorgio Carluccio.
Vittorio Sgarbi